Fermenti lattici

Fermenti lattici

In passato con il termine fermenti lattici si raggruppavano prodotti contenenti microrganismi vivi da assumere al fine di reintegrare o modificare la microflora intestinale, migliorare lo stato di salute dell’individuo o, nel caso di medicinali, contribuire a trattare una malattia (es. lattobacilli, bifidobatteri, streptococchi, lattococchi).


Oggi i fermenti lattici sono indicati come probiotici (il termine probiotico, con una forte valenza commerciale, deriva dal greco e significa “utile alla vita”) e questi possono contenere una o più specie di batteri, frequentemente Lactobacilli (es. Dicoflor, Floxin) e/o Bifidobacterium per lo più in associazione con altri batteri presenti nella flora intestinale (es. Lactipan Plus, Infloran) o, meno frequentemente, con lieviti come il Saccaromyces (es. Lievito Sohn, Inolact).
In effetti, fermenti e probiotici non sono la stessa cosa: affinché i fermenti lattici possano essere considerati probiotici devono soddisfare alcune condizioni: arrivare vivi all’intestino, insediarvisi ed essere in grado di colonizzarlo (sopravvivendo, quindi, all’ambiente acido dello stomaco e ai sali biliari nella prima parte dell’intestino), devono, inoltre, influenzare positivamente la flora intestinale contrastando i batteri pericolosi e contribuire a favorire le difese immunitarie.


Per batteri “probiotici” si intendono quei batteri capaci di svolgere, una volta arrivati nell’intestino, azioni di regolazione dei vari processi che si svolgono in questo organo (digestione, difesa immunitaria, difesa batteriologica ecc.) e, più in generale, un’azione di tutela del benessere. La parola è stata coniata circa 50 anni fa e ha avuto diverse modificazioni nel corso degli anni, ma in questo contesto sembra opportuno riferirsi a quella adottata nel dicembre 2005 dal Ministero della Salute: i probiotici sono “microrganismi vivi e vitali che conferiscono benefici alla salute dell’ospite quando consumati, in adeguate quantità, come parte di un alimento o di un integratore” .  Questa definizione ricalca quella fornita da un documento FAO/WHO pubblicato nel 2001 (Health and Nutritional Properties of Probiotics in Food including Powder Milk with Live Lactic Acid Bacteria, http://www.fao.org) e ha quindi riscontro anche a livello internazionale.
Nelle linee guida, che definiscono cosa siano i probiotici, adottate dagli enti internazionali e dal nostro Ministero della Salute si prendono in considerazione la corretta identificazione del ceppo batterico, la dose effettiva, la sicurezza e la valutazione dell’efficacia.


I batteri sono tanti e diversi fra loro; anche quelli appartenenti a una stessa “famiglia batterica”. L’identificazione avviene attraverso il sistema ideato da Linneo, che prevede una doppia denominazione: genere e specie in lingua latina. Ad esempio nel binomio Lactobacillus casei, il primo termine indica il genere batterico, mentre il secondo epiteto specifica qual è la specie di appartenenza. Potremmo paragonare la specie batterica alla famiglia e il genere al clan, cioè a un insieme di famiglie. È importante sottolineare che la capacità di essere probiotico è una proprietà del ceppo, cioè del singolo individuo batterico (più ceppi formano la specie, più specie formano il genere). All’interno di una specie, non tutti i ceppi sono probiotici. Per questo è cruciale sia negli studi scientifici, sia nei prodotti commerciali, che sia indicato il ceppo probiotico a cui si fa riferimento e non solamente la specie di appartenenza (ad esempio Lactobacillus casei Shirota o Bifidobacterium lactis Bb12).
La dose effettiva, cioè la quantità di cellule batteriche vive e vitali da somministrare a un individuo affinché possano esprimersi le proprietà probiotiche, è un dato essenziale da stabilire.


La sicurezza deve essere comprovata in vitro e in vivo su animali. La maggior parte dei probiotici attualmente noti sono organismi inclusi nella lista GRAS (Generally Recognized As Safe) e pertanto il loro utilizzo è considerato sicuro.
L’efficacia di un ceppo probiotico è valutata con prove in vivo, durante le quali dei volontari consumano il prodotto sotto controllo medico e si sottopongono poi a test specifici (ad esempio tramite valutazione del profilo delle loro cellule immunitarie).
Sono necessari studi indipendenti per provare la sicurezza del ceppo probiotico (studi in vitro e/o in vivo su animali e studi sull’uomo di fase 1). Anche per valutarne l’efficacia e gli specifici benefici vengono effettuati studi in vivo, prima su animali e poi con trial clinici sull’uomo (fase 2), preferibilmente randomizzati in doppio cieco verso placebo – DBPC –
Ripetuti da centri indipendenti. Gli studi in fase 3, invece, mettono a confronto i probiotici con i trattamenti standard

I più comuni probiotici sono:

  • Lactobacilli: batteri appartenenti al genere Lactobacillus, presentano metabolismo fermentativo con formazione di acido lattico da glucosio. Hanno forma bastoncellare o coccica, sono Gram positivi e ne esistono oltre 100 specie. I più comuni sono: L.acidophilus, L.casei, L.delbrueckii (subsp. bulgaricus), L. reuteri, L. brevis, L.cellobiosus, L.plantarum.
  • Bifidobacterium: Il genere Bifidobacterium rappresenta uno dei principali gruppi microbici dell’ecosistema intestinale. Sono batteri Gram positivi, anaerobi stretti, immobili poiché privi di appendici filamentose che ne permettono il movimento, asporigeni e con una morfologia caratteristica a forma di Y (bifida). A livello intestinale traggono energia fermentando carboidrati (sono batteri saccarolitici) in acido acetico e lattico senza produrre gas.
  • Streptococchi: i microrganismi appartenenti al genere Streptococcus sono batteri Gram positivi, non sporigeni, immobili e anaerobi facoltativi. Le cellule hanno una forma ovoidale e sferoidale con un diametro di 0.5-1 μm, tipicamente organizzate in disposizioni diploidi o a formare catenelle più o meno lunghe. Le specie di Streptococcus attualmente conosciute sono circa 40, distribuite principalmente sulle superfici delle mucose umane e animali, includendo anche il tratto gastrointestinale; alcune sono state ritrovate anche nel terreno, nelle acque, su superfici di piante e in svariati alimenti.